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mercoledì 29 aprile 2015

Al Polo Nord con Emilio Salgari


Quando si fa il nome di Emilio Salgari la mente vola alle avventure di Sandokan, il pirata della Malesia, al ciclo dei corsari nelle Antille e nelle Bermude, o in India. Lo scrittore veronese però scrisse opere minori di uguale importanza per l’epoca. Al Polo Nord è una di queste. Salgari ci porta a fare uno dei suoi viaggi straordinari, questa volta in un territorio che alla fine dell’Ottocento rappresentava una meta da raggiungere, una sorta di “pianeta” da conquistare. Allora infatti le esplorazioni avevano un impatto paragonabile a quello che hanno avuto negli anni Sessanta e Settanta del Novecento le imprese spaziali. Salgari racconta le avventure di due cacciatori di lontre della Compagnia Russo-Americana, Sandoe e Mac-Doll, che vengono catturati dal sottomarino Taimyr, la cui missione è quella di raggiungere il Polo Nord. Il “pianeta” viene conquistato, ma sulla via del ritorno è in agguato una tragedia. L’autore si giostra tra finzione e realtà, i fatti reali servono da background per smuovere l’inventiva del maestro di avventure letterarie, il quale si immagina che il cacciatore di lontre Harry Mac-Doil venga a bussare alla porta della sua casa piemontese per chiedergli di trascrivere le memorie dell’unico equipaggio che riuscì a raggiungere l’estremo settentrione del mondo. Salgari rievoca qua e là Jules Verne e le spedizioni del norvegese Fridthioff Nansen, quella di Salomone Augusto Andrèe e la tragica missione del capitano inglese Sir John Franklin del 1845, che dopo un anno di navigazione rimase ucciso tra i ghiacci insieme ai 128 componenti dell’equipaggio. Ma profetizza anche l’avvenuto passaggio a Nord-Ovest di Roald Amundsen del 1906 e le successive esplorazioni. Lo scrittore veronese studiava minuziosamente ogni dettaglio di mappe e fonti riuscendo così “a illudere il lettore fino all’ultima riga sulla veridicità delle vicende narrate”, scrive nell’introduzione Valentina Vivona. Come Verne anche Salgari non fece nessuno dei suoi viaggi straordinari, ma è proprio questo aspetto a suggellare la forza dirompente della narrazione salgariana.


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